INTER: il FALLIMENTO europeo può far parte del PERCORSO di crescita?

Per il terzo anno consecutivo l’Inter rimane fuori tra le migliori sedici d’Europa. Non solo, visto che quest’anno si è superata ed è riuscita nell’impresa di non qualificarsi nemmeno per l’Europa League, competizione tanto bistrattata quanto paracadute d’immagine, tanto che solo quattro mesi fa ridava serietà e buone speranze al progetto Conte. Un danno non solo d’immagine, ma anche economico che la Società e la proprietà Suning dovrà affrontare, in un momento già poco felice in termini di entrate.
Ma le colpe di questo fallimento europeo, allora di chi sono? Possibile che una squadra strutturata per poter affrontare il doppio impegno (triplo se ci aggiungiamo la Coppa Italia) non sia stata in grado di superare il girone? Il bottino è macabro: una sola vittoria in sei partite, poco più di un gol di media a partita e tanti punti interrogativi a cui cercheremo di dare delle risposte.
Il primo indiziato è il tecnico, venuto a Milano con la fama del ‘vinco subito’ ma anche del ‘debole in Europa’. L’Inter paga sulla propria pelle una mentalità che forse è molto appropriata per il nostro campionato, ma che mal si associa in termini internazionali. Non è la questione del modulo anche perché i nerazzurri non sono gli unici estimatori del 3-5-2 (vedi Lazio e Atalanta entrambe agli ottavi) bensì di approccio alle partite, di convinzione e di lettura delle stesse a gara in corso. Perché ostinarsi con un gioco lento e prevedibile e non provare ad inventarsi qualcosa affidandosi a gente di maggior qualità? Eriksen nei cinque minuti finali nella partita casalinga contro lo Shakhtar ha dimostrato voglia e mentalità europea. L’Inter non cerca mai il tiro da fuori, a tratti risulta essere troppo Lukaku-dipendente e sugli esterni sembra non aver ancora trovato i suoi uomini titolari. Di mezzo ci mettiamo la sfortuna, il record negativo di legni colpiti, qualche dubbia decisione del Var e la giornata di grazia del portiere avversario di turno. Negli ultimi tre anni, seppur con allenatori e giocatori diversi, l’Inter sembra non aver imparato la lezione subita dal Psv prima e dal Dortmund poi: non chiudere le partite e non leggere determinate situazioni fanno e faranno sì che i nerazzurri mai saranno padroni del proprio destino.
Poi però si tirano le somme e l’Inter è ultima, risultato sconcertante visti gli investimenti fatti per accontentare mister Conte: il suo stipendio ci porta a ragionare che difficilmente verrà lasciato a piedi nonostante sia il desiderio di tanti tifosi nerazzurri giustamente delusi e arrabbiati. Ma il cammino è stato intrapreso, questa squadra (anche a detta di Lukaku) non è ancora grande e per farlo la prima cosa da fare è remare tutti nella stessa direzione. La stagione è ancora lunga e l’unico modo per portarla in salvo è arrivare a quel tricolore che manca ormai da un decennio. Così l’Inter e Conte darebbero credibilità ad un progetto che può essere una volta per tutte vincente. Gli ingredienti ci sono tutti, basta solo utilizzarli meglio.

Fonte foto: eurosport.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *